Sentenza n. 404 del 1991

 

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SENTENZA N. 404

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Dott. Aldo CORASANITI                                         Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                   Giudice

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 39, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), promosso con ordinanza emessa il 4 febbraio 1991 dalla Commissione tributaria di 1° grado di Verbania nel ricorso proposto da Aghina Giampiero contro l'Ufficio imposte dirette di Arona iscritta al n. 325 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell'anno 1991;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 9 ottobre 1991 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino;

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza emessa il 4 febbraio 1991 dalla Commissione tributaria di 1° grado di Verbania sul ricorso proposto da Aghina Giampiero contro l'Ufficio imposte dirette di Arona (Reg. ord. n. 325 del 1991) avverso l'avviso di accertamento con il quale è stato elevato il reddito di partecipazione dell'Aghina in qualità di socio della "PI.EM. di Lazzaro Emilio e Aghina Giampiero s.n.c.", è stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 39, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, in quanto non prevede l'applicabilità, al procedimento davanti alle commissioni tributarie, dell'art. 295 c.p.c (sospensione necessaria), in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione.

Rilevato infatti che ai sensi dell'art. 5 del d.P.R. n. 597 del 1973 il reddito di partecipazione del socio è subordinato alla determinazione del reddito della società e che pende il giudizio di appello relativo all'avviso di accertamento notificato alla suddetta società PI.EM., il Collegio a quo osserva come nella fattispecie in esame la sospensione del processo non solo sarebbe opportuna, ma "addirittura necessaria", poiché la decisione del ricorso dipenderebbe "totalmente" dalla definizione della causa promossa dalla PI.EM. s.n.c.

La sospensione, secondo il Collegio, non è tuttavia prevista dalle norme del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, senza che l'art. 295 del Codice di procedura civile possa trovare applicazione nel processo tributario.

Di conseguenza, l'eventualità di giudicati contraddittori in caso di mancata sospensione giustificherebbe la relativa censura di incostituzionalità in relazione all'art. 3, primo comma, (principio di razionalità) e all'art. 97, primo comma, (principio del buon andamento).

2. - Ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilità o infondatezza della questione.

A parte un adombrato automatismo, nella sfera tributaria, correlante il reddito societario premesso con quello di partecipazione del socio, si osserva, infatti, che la finalità sostanziale perseguita nell'art. 295 c.p.c. in una forma - quella della sospensione del processo - coerente ad un procedimento caratterizzato dall'impulso di parte, sarebbe pur sempre salvaguardata, in procedimenti - come quello tributario - con strumenti diversi (quali, ad esempio, il rinvio o la cancellazione dal ruolo d'udienza).

 

Considerato in diritto

 

1. - L'art. 39, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario) dichiara espressamente applicabili al procedimento dinanzi alle Commissioni tributarie, con salvezza di talune specifiche disposizioni, le norme del libro primo del codice di procedura civile.

Talché, la Commissione remittente ha ravvisato senz'altro escluso dal procedimento stesso l'istituto della sospensione necessaria quale contemplata invece nel codice di rito, ma in diverso libro (II: art. 295).

Tanto contrasterebbe, secondo il remittente, con i principi di razionalità e di buon andamento del procedimento espressi nell'art. 3, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione.

2. - La questione, nei termini di cui in appresso, non è fondata.

Già la Corte di Cassazione, seguita da gran parte della giurisprudenza della Commissione Centrale delle imposte, con svariate univoche decisioni, ha ritenuto applicabile al procedimento tributario, quando ne ricorrono i presupposti, l'istituto di cui trattasi. Anche in dottrina è stato rilevato, ed ancorché nel silenzio della legge, che sussiste ragione sufficiente per ritenere non estranea al contenzioso tributario la sospensione in parola.

D'altronde, questa stessa Corte ha avuto modo di affermare nel recente passato, in termini più generali, che la disciplina del processo comune va riferita ed è pertanto applicabile anche al procedimento tributario, tutte quelle volte che esso risulti compatibile con esso (sent. n. 560 del 1989).

Ciò acquista particolare valore per la situazione in esame, considerati gli scopi della regolamentazione dettata nell'art. 295 del codice di rito, avente il fine di evitare la contraddittorietà di giudicati. In definitiva, con l'avvertenza che il giudice tributario dovrà tener presente, nella disamina, la compatibilità effettiva della sospensione - come in punto adombrato dalla stessa Avvocatura - con quanto deriva dalla iscrizione provvisoria a termini di legge nei ruoli, la questione nei sensi qui descritti va dichiarata infondata.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 39, primo comma del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), sollevata quanto all'applicazione dell'art. 295 del codice di procedura civile, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, dalla Commissione tributaria di primo grado di Verbania con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 novembre 1991.

 

Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.

 

Depositata in cancelleria il 12 novembre 1991.